Perché non riparo più le schede delle lavatrici?

e perché vi spiego come farlo da soli…

Fig. 1 – Schede di elettrodomestici

Alcuni anni fa ho avviato il laboratorio di riparazioni elettroniche Reelco (Reborn Electronic Company). Inizialmente lavoravo in mansarda ma dopo poco il lavoro prese piede e mi ritrovai con la stanza piena di schede e la necessità di ingrandire il business: non potevo più lavorare da solo e cercai dei collaboratori. In quei primi anni di attività riparavamo di tutto, o almeno ci si provava. Una buona percentuale delle schede che giungevano in laboratorio provenivano da privati. Abbiamo riparato centinaia di schede di lavatrici, lavastoviglie, frigoriferi, asciugatrici, forni. Purtroppo ad un certo punto abbiamo smesso di accettare queste schede.  Perché?

Perché non è conveniente ripararle e c’è un alto rischio di insuccesso (in parte dovuto a come sono costruite). Di queste schede raramente si trova uno schema elettrico e quindi si deve cercare di capire con l’intuito e l’esperienza come sono state realizzate e come funzionano. Nei casi più fortunati l’analisi e la riparazione richiedono un’ora di tempo che può aumentare parecchio nel caso di schede più problematiche e complesse. Alla manodopera aggiungiamo il costo dei materiali che in media è di una decina di euro. Quando è possibile si cerca di provare la scheda a banco simulando sensori e segnali. Immaginando di pagare il tecnico come un meccanico per auto (40 euro l’ora iva esclusa), aggiungendo il materiale e i costi “fissi” del laboratorio, superiamo facilmente un costo di 100 euro iva inclusa. La stessa scheda nuova si trova in vendita per la stessa cifra o anche meno. A questo aggiungiamo che il più delle volte la riparazione non va a buon fine a causa di molte insidie presenti su questi oggetti e quindi il cliente vuole un rimborso. Con queste premesse, un laboratorio che deve pagare il suo tecnico non sta in piedi.

Voi lo fareste?

Ecco perché riparare schede di questo tipo non è conveniente. Lo è solo se trovate un riparatore che lo fa a tempo perso (in nero/senza scontrino o fattura) oppure se ve la riparate in autonomia. 

Come riparare la scheda elettronica di una lavatrice?

Come prima cosa scattate delle foto dettagliate della scheda sia nella parte superiore che inferiore. Queste foto vi serviranno per verificare di aver rimontato tutti i componenti nel posto giusto: condensatori e diodi con la polarità corretta, valore dei resistori ecc ecc.

Fig. 2 – Prima di lavorare sulla scheda è meglio fare delle foto.

La prima analisi da fare è visiva e olfattiva, in cerca di possibili parti danneggiate. Solitamente le parti che “saltano” sono quelle di alimentazione o di potenza (relè, transistor, mosfet, triac). Un componente bruciato è già un buon punto di partenza.

Se la scheda è intatta si può provare ad alimentarla per vedere se si accende e se ci sono le tensioni logiche. Per alimentarla bisogna individuare il connettore o i contatti a cui fornire tensione (solitamente lavorano a 230VAC ma sempre meglio controllare). Cercate online gli schemi utilizzando i codici stampati sul circuito. Nella scheda della foto precedente leggiamo Bitron 15003261-01. Cerchiamo quindi su google “15003261-01 pdf” o “15003261-01 schematic” (anche in google immagini).

Se non troviamo nulla, non disperiamo e proseguiamo nell’analisi. Se alimentandola non rileviamo le tensioni logiche potrebbe essere partito il modulo di alimentazione.

Dove misuriamo queste tensioni? Individuiamo il microcontrollore e cerchiamo il suo datasheet da cui individuare i pin di alimentazione. Solitamente questi pin fanno capo anche a qualche condensatore elettrolitico. A volte potrebbero esserci delle piazzole con dei test point in cui effettuare le misure. Altri punti in cui rilevare le tensioni sono i pin di alimentazione di chip logici (ttl o cmos) che sono sempre in posizioni abbastanza standard.

Se le tensioni ci sono potremmo verificare se il micro è attivo, testando i pin e il segnale di clock con un oscilloscopio. 

Un’altra analisi interessante e spesso utile per capire se ci sono dei componenti in corto (es. dei chip o la CPU collassati) si può fare con una termocamera oppure con un termometro di precisione. Un chip o un transistor che si surriscaldano “a vuoto” indicano di sicuro un problema. 

Spesso in queste schede si brucia lo stadio di alimentazione che fornisce i 5 e 12V utilizzati sulla scheda. I moduli utilizzano dei chip switching abbastanza noti tipo gli LNK o i VIPer. La tensione a 230VAC è raddrizzata in economia con un semplice diodo e fatta arrivare su un primo condensatore di livellamento (lo si riconosce perché ha una tensione di lavoro di 300 o 400 volt). La tensione livellata è poi portata al chip tramite un resistore di basso valore e una bobina. Solitamente questi sono gli elementi che cedono. Controllateli e se sono danneggiati, sostituiteli assieme al chip di alimentazione. Nella scheda della foto 3 è accaduto proprio questo e tra l’altro anche il chip è esploso. Come fare a sapere che chip utilizzare in questi casi? dobbiamo cercare delle foto della scheda o in qualche forum sperando di trovarne traccia. 

In alcuni casi per colpa di sbalzi di tensione la scheda non si accende a causa dei condensatori di protezione posti all’ingresso della tensione di alimentazione di rete (sono condensatori a film di sicurezza con valori da 10 a 100 nF e contrassegnati dalla sigla X2).

Fig. 3 – Scheda di lavastoviglie con chip di alimentazione bruciato. 

Se la scheda si accende ma non esegue delle operazioni potete provare ad esaminare transistor, triac, relè che fanno capo ai connettori verso l’esterno. I componenti vanno smontati e provati. Se non c’è un optoisolamento tra i triac (per esempio) e il microcontrollore (cosa frequentissima), il danno al triac raggiunge la CPU e non c’è possibilità di riparazione.

Se la scheda va e non va, cioè si ferma a metà di un ciclo o non completa alcune operazioni probabilmente non è riparabile a causa di problemi del firmware. L’elettrodomestico durante il funzionamento tiene traccia del suo stato (del punto in cui è arrivato nel lavaggio per esempio). Se togliete la corrente, dovrebbe ripartire da dove si è fermato. Queste informazioni sono scritte in memorie EEPROM che hanno una durata limitata. 

Un tempo le EEPROM erano montate esternamente ai microcontrollori e sostituendole potevate riparare il guasto, oggi preferiscono usare le EEPROM interne al chip condannando la scheda  a una fine predeterminata. Quando la EEPROM interna non è più scrivibile, potete buttare la scheda.

Fig. 4 – Scheda tecnica della scheda con annotazione dei componenti.

Per smontare i componenti sospetti io faccio un disegno della scheda su cui annoto tutto. Il disegno mi serve per annotare informazioni e poi capire come rimontare il tutto. A fianco di ogni componente scrivo il valore effettivo ed eventualmente quello misurato (fig. 4).

I componenti danneggiati li segno in rosso, in verde quelli funzionanti e in giallo quelli dubbi. Per sicurezza sostituisco sempre tutti i condensatori. I componenti gialli e rossi formano l’elenco delle parti da acquistare.

Fig. 5 – Stazione per la dissaldatura dei componenti.

Individuate le parti danneggiate si inizia a dissaldare utilizzando un dissaldatore (fig. 5). Sebbene sia possibile intervenire con un saldatore e una pompetta aspirante per lo stagno, vi accorgerete che il compito è veramente arduo senza gli strumenti giusti.

La saldatura si effettua con stagno di buona qualità (da 30 a 50 euro a bobina), si tagliano i terminali in eccesso e poi si ripulisce la scheda con appositi solventi per rimuovere i residui del flussante.

Se la scheda utilizza dei componenti SMD (a montaggio superficiale) potete usare anche un saldatore ad aria, utile sia per rimuovere che per saldare rapidamente i componenti. Con i componenti SMD è meglio usare stagno con diametro più piccolo e il liquido flussante. I componenti si maneggiamo con pinzette di precisione e serve un visore o una lente per poter vedere bene.

Che strumenti servono? ecco un elenco:

  • stazione di saldatura (https://amzn.to/34a6301)
  • stazione dissaldante (https://amzn.to/3IR2Npi)
  • pinzette di precisione e strumenti vari
  • lente d’ingrandimento da tavolo con lampada (https://amzn.to/3IIf7bI)
  • tester/multimetro (https://amzn.to/3HCvTHU)
  • oscilloscopio (facoltativo) (https://amzn.to/35oOVnO)
  • alimentatore da banco (https://amzn.to/3C6UPWN)
  • variac (facoltativo) (https://amzn.to/3hxmVB9)
  • saldatore ad aria (facoltativo) (https://amzn.to/3HFJJcp)
  • capacimetro con misurazione ESR (https://amzn.to/3hBq4Q9)

Spero che queste informazioni vi possano aiutare nella riparazione delle vostre schede e che vi abbia anche fatto capire le difficoltà di questo lavoro.

Se invece dovete riparare SCHEDE ELETTRONICHE INDUSTRIALI, possiamo farlo con reelco.

Buona fortuna!

Risorse

Ho scritto un libro sulla riparazione degli alimentatori switching con informazioni generali anche sulle riparazioni elettroniche (solo in pdf). 

LSWR ha pubblicato un mio libro sulle riparazioni in generale: “Riparare (quasi) ogni cosa”.